..Città in rete è un'associazione culturale che si occupa di indagare gli aspetti territoriali delle città sotto il profilo urbanistico, sociale, economico ed ambientale

Statuto

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martedì 9 marzo 2010

Il fiume Oreto e il parco che non c'è


Il fiume Oreto di Palermo versa in un totale stato di abbandono e di degrado, nel silenzio assoluto dell’Amministrazione, ma anche dei cittadini e delle singole associazioni. La città se ne è praticamente dimenticata e lo ha abbandonato a se stesso, rendendolo un fiume senza identità. Ripercorrendo il corso d’acqua e il suo alveo da monte a valle, è possibile notare i numerosi scarichi fognari ed industriali che versano direttamente nel fiume, gli abusivismi edilizi ed i comportamenti illegali, le discariche abusive che periodicamente sorgono lungo le sponde, per non parlare del diffuso degrado che influenza quelle parti di città che direttamente o indirettamente si affacciano su di esso. Tutto ciò sembra che nessuno lo veda, che non interessa a nessuno e che vada bene così, o forse che non ci sono idee per cambiare le cose. In realtà se si fa una rapida ricerca alla Facoltà di Architettura di Palermo, si scopre che sulla zona dell’Oreto di proposte e progetti ce ne sono a migliaia: tesi di Laurea, esercitazioni annuali, tesi di dottorato e materiale di ogni tipo, prodotto nei vari anni in cui il tema affrontato è stato proprio la riqualificazione e il recupero ambientale dell’intero bacino fluviale. Se consideriamo poi che l’aspetto è stato affrontato dal punto di vista urbanistico - territoriale, architettonico, del recupero e restauro dei numerosi beni storico architettonici presenti nell’area e del design ci rendiamo conto della mole di progetti, idee e proposte che potrebbero sicuramente essere prese in considerazione per recuperare la valle del fiume. Ma tutto questo rimane sulla carta, nella biblioteca di Facoltà o a casa degli studenti.. Neanche lo studio di fattibilità del Parco dell’Oreto redatto qualche anno fa è riuscito a far accelerare il processo di recupero e la raccolta firme proposta da Fiumara d’arte finora non ha avuto un seguito, quindi lo stato di degrado in cui versa l’area è sotto gli occhi indifferenti di tutti.

La realizzazione di una parco urbano risulta oggi necessaria e urgente. Si dovrebbe avviare un processo di recupero delle condizioni di naturalità dell’area e procedere alla bonifica del corso d’acqua, per poi realizzare percorsi pedonali e piste ciclabili, dotare il parco di attrezzature sportive, per lo svago e il tempo libero, distribuire spazi gioco per bambini, punti di ristoro, spazi per attività culturali, sculture ed esempi di arte urbana, etc. cercando le soluzioni attraverso un concorso di progettazione in grado di far emergere idee e proposte in linea con i numerosi esempi di particolare interesse di parchi fluviali realizzati in Europa, riuscendo così a dare una svolta positiva a quest’area che rappresenta un enorme potenzialità per la città, dando finalmente dignità al fiume, qualificando tutte quelle parti di città che si affacciano su di esso. In questo modo si doterebbe la città (e anche i comuni Monreale e Altofonte, che sono attraversate dall’Oreto a monte) di un parco urbano, in particolare la parte sud di Palermo, che allo stato attuale presenta un enorme carenza di spazi verdi attrezzati. Ma tutto questo all’Amministrazione, ai cittadini e alle associazioni non interessa e risultano indifferenti alla questione.

So che il problema è molto più complesso e che la soluzione non è facile e presenta numerosi aspetti, ma questo post cerca di sollevare il tema, per animare il dibattito e per dimostrare che in realtà non siamo indifferenti.

Marcello Blanda

venerdì 5 marzo 2010

Del "Piano Casa"

Caro Salvo…

abbiamo visto (sarebbe meglio dire letto).

Mercoledì 3 marzo 2010 all’Ars viene approvata la norma che prevede l’ampliamento degli edifici industriali, siti in aree dei consorzi ASI (aree di sviluppo industriale) e in quelle definite “D” dai piani regolatori comunali.

Cito i dettagli riportati sul Giornale di Sicilia: “possibili ampliamenti del 15% rispetto alla superficie coperta, che non deve essere superiore a 400 metri quadrati. Se invece si ricorre ad abbattimento e ricostruzione, l’ampliamento può arrivare fino al 25%. Un ulteriore 10% è concesso se si ricorre all’uso di pannelli fotovoltaici per alimentare l’edificio”.

L’approvazione di questa norma segue:

  • La possibilità di ampliamento di uffici e villette mono e bifamiliari (ultimati entro il 31 dicembre 2009), che non superano i 1000 metri cubi; gli ampliamenti concessi potranno raggiungere il 20% della cubatura esistente, il limite massimo di incremento viene fissato in 200 metri cubi (che equivale al 20% di 1000 mc), con la possibilità di recuperare ad uso abitativo o uffici i locali accessori o pertinenziali. [art. 2]
  • La concessione di abbatere e ricostruire, maggiorandone del 20% la cubatura, gli edifici al punto precedente, con la possibilità di arrivare sino al 35% se vengono utilizzate tecnologie per l’uso di fonti energetiche rinnovabili [art. 11]; le ricostruzioni potranno essere realizzate anche in area diversa (purchè contigua e dello stesso proprietario) dalla precedente localizzazione, vengono ammesse variazioni alle destinazioni d’uso. [art. 3]

Dovremo attendere, invece, per l’approvazione del regolamento sull’uso obbligatorio di tecniche di bioedilizia.

Vengono esclusi, e vale la pena sottolinearlo, dagli ampliamenti gli edifici sanati (o in processo di sanatoria).

Per quanto riguarda “il problema dei parcheggi”e della qualità ambientale, viene concessa la possibilità di costruirne, sotterranei anche su più piani, in tutte le aree private destinate dai piani regolatori comunali a verde pubblico e/o agricole ricadenti nei centri urbani; il piano di campagna sovrastante la realizzazione deve essere destinata a realizzazioni di verde pubblico da cedere gratuitamente ai comuni. [art. 10]

Gli oneri di concessione, calcolati sulla base del solo ampliamento, sono ridotti del 20% ( 30% per le prime case); quelli legati alle demolizioni e ricostruzioni vengono, invece, dimezzati; rientrano in quest’ultima categoria gli ampliamenti realizzati da famiglie con più di cinque componenti e/o quelle in cui vive almeno un disabile. [art. 1-4]

L’unico accenno alla pianificazione territoriale locale è da riferire all’obbligo dei comuni di indicare entro 4 mesi le aree in cui sarà possibile applicare le disposizioni del “piano casa”poi le istanze dovranno essere presentate entro due anni, anche sotto forma di semplice DIA (dichiarazione inizio attività). [art. 5]

Se molto è stato già fatto, attendo il testo di legge per avere qualcosa da giudicare.

Quello che mi perplime è la prossima scrittura di una nuova norma in materia di urbanistica. Questa, oltre a definire nuove norme sul territorio (tra cui il cambio di destinazione d’uso dei capannoni agricoli) tratterà la possibilità di demolire gli edifici, antecedentemente costruiti in aree sottoposte poi a vincolo, e di concedere la costruzione di nuovi immobili (e quindi proprietà) in altre zone individuate dai comuni.

…vedremo.

Carlo Borzelliere.

mercoledì 3 marzo 2010

Riflessioni sulle politiche sul centro storico di Palermo dal 1945 ad oggi (I parte)

Dall’analisi delle modalità della ricostruzione post-bellica della città di Palermo e della gestione pubblica dei successivi piani e programmi regolativi emerge come i propositi normativi e urbanistici siano stati deformati nell’affrontare le grosse trasformazioni delle città italiane; fenomeno, questo, comune alle aree metropolitane del centro-sud Italia.
Alla fine del XIX secolo si crearono le condizioni per forti migrazioni interne ai sistemi territoriali, da monte a valle, dalle campagne alla città; la popolazione di Palermo passò da197.244 abitanti nel 1861 a 411.692 (di cui 118.673 nei quattro mandamenti), nel 1936, concentrata in larga parte nel centro (tra l’Oreto e piazza Politeama) il resto sparsa nelle numerose borgate della Conca d’Oro.
L’entrata dell’Italia in guerra nel 1940 portò la città a subire violenti bombardamenti per i successivi tre anni causando l’arresto della crescita demografica, che negli anni ’30 era stata molto rapida (4.600 ab. l’anno), ed il blocco quasi totale delle realtà industriali più importanti, quale quelle cantieristiche. La parte più colpita dai bombardamenti fu quella a mare, i mandamenti Castellamare e Tribunali nel centro storico, sede delle attrezzature portuali.
Se nel 1939 era stato redatto, tramite pubblico concorso, il nuovo Piano regolatore generale della città e nel 1942 emanata la prima legge urbanistica nazionale (1150/42), l’emergenza della ricostruzione fece accantonare i propositi razionalizzanti dei fenomeni suddetti. Lo strumento d’emergenza fu il Piano di ricostruzione del 1946, i cui effetti si sentirono più nella direzione della nuova edificazione che in quello del recupero dell’esistente. La popolazione del C.S., dopo i massimi storici del dopoguerra ( 136.943 ab. nel 1949), diminuì sensibilmente col passare del tempo a causa di una mancata politica del recupero del tessuto edilizio almeno fino alla soglia del 1980.
Nel secondo dopoguerra riprendeva la crescita demografica, che generò ed acuì una domanda pregressa di vani abitativi. Si accese nuovamente, in una scala maggiore e senza precedenti, il motore delle costruzioni edilizie secondo criteri speculativi piuttosto che d’interesse pubblico e/o generale.
Per creare un contrappeso al mercato immobiliare (in rapida crescita in tutte le maggiori città italiane) e far fronte alla necessità di alloggi, vennero emanate le leggi nazionali n.167/62 e la n. 1179/65, rispettivamente per l’acquisizione di aree e per la costruzione di edilizia economica e popolare. Queste rispondevano all’esigenza di reperire nuovi alloggi residenziali e creare un demanio pubblico per l’offerta di alloggi economici. A Palermo la scelta di localizzare dette aree lontane dal centro consolidato della città, determinò effetti moltiplicatori del mercato immobiliare delle aree intermedie; l’assenza di servizi di quartiere e di trasporto pubblico adeguati (nei cosiddetti quartiere dormitorio), le opere di urbanizzazione primaria, che attraversando le aree intermedie riducevano i costi di costruzione di queste ultime, portarono inevitabilmente alla loro costruzione per riconnettere i servizi della città consolidata alle lontane periferie. Le scelte pubbliche del periodo, che si protraranno fin dopo il 1980, verranno denunciate come “il sacco di Palermo” cioè la svendita del patrimonio paesaggistico della Conca d’Oro agli interessi, di nicchia, del mercato edilizio.
Questo contesto generale è seguito dall’assenza di politiche per il recupero del C.S.
La stessa gente che abitava i quattro mandamenti fu costretta a migrare verso condizioni abitative e ambientali migliori. Dal 1949, in cui gli abitanti dei quattro mandamenti erano 136.943 (massimo storico), si assistette ad un costante flusso migratorio verso altri parti della città che si andavano formando; nel 1951, erano arrivati a 125.294 gli abitanti; nel 1961, 106.838 ab. ; nel 1971, 53.018 ab. ; nel 1981, 38.960 ab.
La popolazione di Palermo nello stesso periodo aumentò di 221.011 unità, passando così da 480.545 nel 1949 a 701.556 nel 1981; l’esodo dal centro storico, nel frattempo, contò 97.983 abitanti. L’offerta di nuove abitazioni di edilizia economica e popolare, aveva lo scopo di adeguare il rapporto stanze/abitante (che passa da 0,57 a 1,25 stanze per abitante in trenta anni) ed offrire alloggi economici, per garantire un’abitazione alle fasce più disagiate della popolazione.
Questa operazione tracciò le nuove linee di espansione della città, in tutte le direzioni a macchia d’olio, vennero costruiti negli anni i vari quartieri ZEN, Borgo Nuovo, Sperone, Bonagia, Falsomiele, etc. decretando interessi privati di periferia nel centro antico.
Furono immesse sul mercato abitazioni per 150.000 abitanti; in questi nuovi quartieri verranno trasferiti in larga misura gli abitanti del centro storico, per motivi di sicurezza pubblica, causa le pessime condizioni statiche di molti edifici lasciata degli eventi bellici, e per motivi igienici e sanitari, dovuti sia al sovraffollamento sia alla scarsa dotazione tecnologica delle reti di sottosuolo e degli stessi immobili.
Un’altra corrente di pensiero, durante gli anni ’60, dibatteva sul valore storico-culturale dei centri antichi delle città italiane, sulla qualità ambientale urbana (dotazione di servizi connessi alla residenza) e su un diverso regime dei suoli urbani. Questo porterà alla codificazione di una nuova proposta di legge urbanistica la legge nazionale n. 765/67 denominata “ponte” per il suo carattere transitorio ed al decreto ministerile n. 1444/68 che stabiliva nuove regole per le densità edilizie il rapporto con gli spazi aperti e la dotazione minima di servizi.
Durante gli anni ’70 la legge nazionale n. 10/77 “Norme per la edificabilità dei suoli”, che riduceva il diritto ad edificare rimandando alla concessione edilizia onerosa (sostitutiva della licenza non onerosa) l’acquisizione di tale diritto, e la legge nazionale n. 457/78 “Norme per l’edilizia residenziale”, che prevede al Titolo IV la possibilità di reperire edilizia ai fini residenziali attraverso interventi di recupero del patrimonio esistente, sancirono la priorità al recupero (d’interesse generale) sulla nuova edificazione (interesse di mercato).
Quello stesso anno, in ritardo di 30 anni, la Regione Sicilia approvò la propria legge urbanistica fondamentale, la legge regionale n. 71/78, adottando in parte le disposizioni della L.U. nazionale n. 1150/42.
A Palermo il cambiamento legislativo fu recepito tramite le varianti al Piano regolatore del 1962, le quali non contrasteranno l’aggressione edilizia, più o meno regolare, della Conca d’Oro (protrattasi fino alla soglia degli anni ’90). La scelta (meglio conferma) di terziarizzare il centro urbano consolidato e di avvolgere il centro storico in queste funzioni ne aggravò inoltre la marginalità e ne incrementò la pressione veicolare di passaggio ai margini; anche la localizzazione di alcune attrezzature di interesse territoriale, non seguita da apposite politiche, non incentiverà un processo policentrico di riqualificazione.
Tutto ciò non comporterà sostanziali cambiamenti di rotta sui problemi connessi al recupero fisico ambientale delle aree degradate della città, fatto strano che tra queste vi fosse anche il centro storico, area centrale, in cui gli interessi di mercato in molte altre città lo rifondano quale centro rappresentativo e culturale, immagine di città.

Carlo Borzelliere

tratto dalla tesi di Laurea in Ptua di Cinzia Bondì e Carlo Borzelliere dal titolo "Contesto sociale, politiche pubbliche e trasformazioni urbane nel mandamento Castellammare: un percorso conoscitivo tra strumentazione tecnica e approccio comunicativo" relatore prof F. Lo Piccolo

Giornata studio allo Steri


Lunedì 15 Marzo, presso la Sala Magna di Palazzo Steri (Piazza Marina, Palermo), si terrà una giornata di studi articolata in due sessioni: quella mattutina con titolo "Comunità, urbanistica, partecipazione" avrà inizio alle ore 10.00, mentre quella pomeridiana "Palermo: pratiche e riflessioni per la costruzione di cittadinanza attiva"comincerà alle 15.00.

La giornata vedrà intervenire, oltre a diversi docenti dell'Ateneo palermitano, docenti provenienti dalle Università di Reggio Calabria, Firenze, Roma, Napoli che porteranno il loro contributo professionale alle due sessioni. La giornata è organizzata dal Dottorato di ricerca in Pianificazione Urbana e Territoriale del Dipartimento Città e Territorio e dal CIRCES.